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Se viste oggi – con gli occhi di chi ha superato lo shock di una tecnica tutta nuova e centrata sulla dilatazione dell'assemblage – le opere italiane sono forse troppo belle per essere digerite da una certa critica americana, calvinista e nazionalista. Guardiamo l'autoritratto Delfo di Giulio Paolini, la Venere degli stracci di Pistoletto, il cumulo di patate offertoci da Giuseppe Penone, la margherita di ferro di Jannis Kounellis, i tavoli a spirale di Mario Merz, costruiti usando la scala numerica di Fibonacci. Queste e altre opere parlano al mondo di una cultura visiva italiana che non ha perso, volutamente e per fortuna, la tradizione da cui viene, benché rinnovata nelle tecniche e internazionale. E che ha il dovere di farsi riconoscere.